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L’Intelligenza artificiale è un settore strategico per l’industria privata ma anche per i singoli paesi. Lo testimoniano gli investimenti crescenti che i governi nazionali stanno riversando sul settore e il dibattito sempre più serrato sulla regolamentazione che sta interessando le istituzioni europee e internazionali. L’Europa, tuttavia, ha già accumulato un notevole ritardo rispetto alle due grandi potenze del settore: Usa e Cina. Manca, ancora una volta, la condivisione di una strategia comune a livello comunitario e, mentre i singoli Paesi procedono in ordine sparso, sembra che la Ue stia concentrando le sue energie sugli aspetti normativi piuttosto che su quelli tecnologici e finanziari. Francia e Germania sembrano aver imboccato una strada precisa, anche se con lacune e mancanze, mentre l’Italia ha definito solo da poco i contenuti della sua strategia. È stato approvato un Piano nazionale a fine 2021 e il Governo ha annunciato la creazione di un Fondo nazionale che favorisca lo sviluppo dell’AI aggregando risorse e sostenendo la ricerca.

AI: l’Italia segna il passo in Europa su investimenti e sviluppo

Un panorama frastagliato e particolaristico dove l’idea di una strategia condivisa e unitaria resta al momento un progetto sulla carta. È il quadro dello sviluppo dell’AI nei tre principali paesi dell’Europa continentale: Germania, Francia e Italia. Ci sono pochi dubbi sul fatto che Berlino, Parigi e Roma considerino l’AI alla stregua di un autentico interesse nazionale da tutelare e promuovere ma uno sguardo d’insieme fa emergere come lo sviluppo di questa tecnologia stia viaggiando a velocità diverse e, spesso, secondo scelte strategiche attuate in accordo con i tradizionali e radicati retaggi della politica economia nazionale.

In Francia la mano pubblica guida lo sviluppo

Il caso della Francia è paradigmatico in questo senso. Parigi sta creando un proprio ecosistema dell’intelligenza artificiale, anche per tutelare la lingua nazionale, e l’impronta politica dirigistica e centralizzata sta giocando anche questa volta un ruolo centrale.  La strategia sulla AI è stata aggiornata in fretta e furia dopo il rilascio di ChatGpt nel novembre del 2022. Si è poi proceduto a favorire la nascita di un campione nazionale: si tratta di MistralAi, start up nata lo scorso giugno che ha raccolto 105 milioni di euro in poche settimane e che, lo scorso settembre, ha rilasciato la prima versione del proprio modello linguistico, chiamato 7B. Con questo modello di 7 miliardi di parametri, Mistral AI punta a rivoluzionare l’intelligenza artificiale generativa e a fornire un’alternativa open-source alle attuali soluzioni di AI. Uno dei principali vantaggi dei modelli aperti di Mistral AI è la loro superiorità in termini di adattabilità, consentendo la personalizzazione per compiti e esigenze specifiche degli utenti. Questa adattabilità non solo fornisce alle aziende la possibilità di mantenere bassi i costi, ma aiuta anche ad affrontare sfide etiche associate all’AI. Il team di Mistral AI è composto da scienziati dei dati, ingegneri software e ingegneri di apprendimento automatico di aziende leader come DeepMind, Meta e Hugging Face. L’obiettivo è quello di sviluppare modelli di AI in grado di superare le capacità di OpenAI entro il 2024.  Dal punto di vista finanziario la fase di raccolta dei fondi è stata guidata da Lightspeed Venture Partner e ha attratto oltre una dozzina di investitori, tra cui Eric Schmidt, ex CEO di Google. Nel capitale di MistralAi figura anche Exor Ventures, il venture capital della holding della famiglia Agnelli – Elkann.

Nasce a Parigi il primo laboratorio europeo di ricerca sull’intelligenza artificiale

Lo scorso novembre poi il comparto dell’AI francese ha ricevuto un nuovo impulso con l’annuncio della nascita del primo laboratorio europeo di ricerca sull’intelligenza artificiale. Un progetto che nasce col cappello dell’open source e del no-profit. Si chiama Kyutai, e la sua mission è “costruire e democratizzare l’intelligenza generale artificiale attraverso la scienza aperta”. Kyutai gode in realtà del forte supporto di Iliad, l’operatore telefonico francese, il cui fondatore, Xavier Niel, condivide questo nuovo progetto con Rodolphe Saadé, presidente del gruppo logistico CMA CGM, ed Eric Schmidt, ex Ceo di Google. Kyutai parte con una dotazione di circa 300 milioni di euro: 100 arrivano dal gruppo Iliad, 100 dalla CMA CGM e 100 dalla fondazione Eric Schmidt con altri investitori. Partner del progetto è anche il co-fondatore e ceo di Nvidia Jen-Hsun Huang, che fornisce a Kyutai la parte tecnologica fondamentale per i lavori. Altro importante supporto arriva dal servizio di cloud computing di Iliad Scaleway, che mette a disposizione il supercomputer e le GPU H100 acquistati proprio da Nvidia. Kyutai sta ora reclutando ricercatori e studiosi che vogliano dedicarsi alla ricerca in ambito AI, specialmente nello sviluppo di grandi modelli multimodali e per la democratizzazione dell’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di condividere i progressi con la comunità scientifica, gli sviluppatori e le aziende. Lo scopo di questo laboratorio, o forse la sua ambizione è di attirare i più grandi talenti del settore AI rilanciando la sfida ai giganti del settore: Usa e Cina.

La Germania annuncia investimenti per 1,6 miliardi in due anni

Berlino ha presentato recentemente il suo nuovo piano d’azione per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e ha messo sul piatto della bilancia 1,6 miliardi di euro per i prossimi due anni. Le risorse si distribuiranno in 12 aree di azione e 50 diverse misure con l’obiettivo di rafforzare l’intera catena del valore dell’intelligenza artificiale. Sul versante della ricerca, Berlino prevede di istituire 150 laboratori universitari e di aumentare il numero di data center sul territorio tedesco oltre che rendere accessibili dataset pubblici per l’addestramento di intelligenze artificiali. “Se vogliamo tenere il passo con gli Stati Uniti e la Cina, possiamo farlo solo con i nostri partner europei. Se vogliamo tenere il passo con la concorrenza globale, per noi l’Europa è un fattore chiave. Ecco perché vogliamo migliorare in modo significativo la cooperazione europea nel campo dell’intelligenza artificiale e massimizzare l’impatto dell’Europa”, ha affermato il ministro della Ricerca tedesco Bettina Stark-Watzinger.

Le start up tedesche nell’AI aumentate del 67% nel 2022

Il nuovo piano di azione si innesta su un tessuto già abbastanza vivace. Secondo lo studio “German AI Startup Landscape 2023” dell’AppliedAI Institute for Europe, in Germania si contano 508 startup operative nel settore, con una crescita del 67% rispetto al 2022. Il numero di startup che si dedicano al business dell’intelligenza artificiale è raddoppiato nei primi mesi di quest’anno, facendo attestare la Germania al nono posto a livello globale. Inoltre, rispetto alle start-up regolari, le start-up di intelligenza artificiale in Germania sembrano avere un tasso di sopravvivenza “estremamente” alto, con solo 42 fallimenti nel 2023. Nella maggior parte dei casi si tratta, tuttavia, di progetti e iniziative di piccole dimensioni. I progetti di intelligenza artificiale degni di nota provenienti dalla Germania sono ancora in minoranza e si limitano a 3 nomi: Celonis e Aleph Alpha o DeepL. Fondata nel 2011, l’azienda Celonis con sede a Monaco sta sviluppando un’intelligenza artificiale per migliorare i processi aziendali. La startup di Heidelberg Aleph Alpha è specializzata, invece, in modelli linguistici per l’industria e l’amministrazione. L’amministrazione statale del Baden-Württemberg sta già utilizzando i suoi modelli e la startup ha già raccolto un secondo round di finanziamento di 500 milioni di dollari, con investitori tra cui IPAI, Bosch e SAP. DeepL, infine, è una azienda di Colonia che ha sviluppato un efficiente servizio di traduzione, concorrente di Google Translate, diventando una cosiddetta start-up “unicorno” con una valutazione di oltre 1 miliardo di dollari a gennaio 2023.

Il Governo federale sostiene lo sviluppo dell’AI con il NITD

Non manca, anche in Germania, una regia pubblica che mira a sostenere le innovazioni legate all’Intelligenza Artificiale: si tratta di un’iniziativa portata avanti a livello federale chiamata NITD, acronimo in lingua inglese di National Initiative for AI-based Transformation into the Data Economy. In base a questo progetto i vari filoni del machine learning e del deep learning si uniranno ogni qualvolta si tratterà di migliorare il collegamento in rete dei dati, di sviluppare standard uniformi di test e di qualità nonché di promuovere in modo mirato le aziende di AI in Germania. L’iniziativa è stata istituita da Acatech, l’Accademia Tedesca di Scienza e Ingegneria, istituzione di studio e di ricerca con sede a Monaco di Baviera, ed è sostenuta con 32 milioni di euro di finanziamenti pubblici. La NITD è uno dei progetti chiave della strategia digitale di Berlino e mira a creare una base per applicazioni di Artificial Intelligence affidabili e commercializzabili entro la fine del 2025, a patto che esse mettano le persone al centro.

In Italia mercato in crescita del 32% nel 2022

L’Italia è senza dubbio il paese più indietro nello sviluppo dell’AI. Secondo i dati dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano il 2022 è stato un anno positivo per il comparto dell’Intelligenza Artificiale nel nostro Paese: il mercato ha raggiunto i 500 milioni di euro, con una crescita di ben il 32% in un solo anno, di cui il 73% commissionato da imprese italiane (365 milioni di euro) e il 27% rappresentato da export di progetti (135 milioni di euro). Malgrado il progresso, tuttavia, il livello degli investimenti resta pari a circa un terzo di quelli messi in campo dalla Germania. In Italia non c’è inoltre alcuna azienda ‘unicorno’ nel settore, contro le 8 della Germania e le 7 della Francia (in Uk ce ne sono ben 33). Al momento sono 260 le aziende che offrono soluzioni di AI, divise tra un 55% che offre soluzioni verticali su salute, marketing, finanza e cybersecurity, un 25% che lavora a soluzioni diverse e un 15% composto da system integrator e società di consulenza. Secondo i dati del Politecnico di Milano poi “il 53% delle imprese medio-grandi italiane dichiaravano di aver avviato almeno un progetto di AI. I settori che mostrano la maggiore diffusione di progetti pienamente operativi sono il manifatturiero (22% del totale dei progetti iniziati), bancario-finanziario (16%) e le assicurazioni (10%)”. In termini di applicazioni, le principali soluzioni AI presenti sul mercato italiano rilevate dallo studio del Politecnico sono:

Intelligence Data Processing (33% della spesa),

Natural Language Processing (18%),

Sistemi di suggerimento (18%),

Automazione dei Processi Ripetitivi (RPA) intelligente, Chatbot/Assistenti virtuali e Computer Vision (31%)

Approvata la strategia nazionale, a breve il lancio del Fondo italiano per lo sviluppo dell’AI

Per recuperare parte del gap accumulato in questi anni, il Governo è intervenuto secondo due direttrici. La prima è quella che ha portato, a fine 2021, all’approvazione del Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale 2022-2024. In linea con la Strategia Europea, il Programma delinea ventiquattro politiche da implementare nei prossimi tre anni per potenziare il sistema AI in Italia, attraverso creazione e potenziamento di competenze, ricerca, programmi di sviluppo e applicazioni dell’AI. Queste politiche hanno l’obiettivo di rendere l’Italia un centro sull’intelligenza artificiale competitivo a livello globale, rafforzando la ricerca e incentivando il trasferimento tecnologico. Per rispondere a queste sfide sono state individuate le fonti di investimento, europee e nazionali per sostenere ciascuna politica. All’interno delle iniziative dedicate a talenti e competenze sono previsti interventi per aumentare il numero di dottorati e attrarre in Italia i migliori ricercatori, sia in ambito di ricerca fondamentale sia applicata.

Al contempo, il programma include politiche per promuovere corsi e carriere nelle materie STEM e per rafforzare le competenze digitali e in Intelligenza Artificiale. Il programma strategico, inoltre, racchiude le politiche necessarie a rafforzare la struttura dell’ecosistema di ricerca italiano nell’AI, favorendo le collaborazioni tra il mondo accademico e della ricerca, l’industria, gli enti pubblici e la società. Si punta, tra l’altro, alla creazione di nuove cattedre di ricerca sull’AI, a promuovere progetti per incentivare il rientro in Italia di professionisti del settore, a finanziare piattaforme per la condivisione di dati e software a livello nazionale. Infine, l’ultima area riguarda le politiche volte ad ampliare l’applicazione dell’IA nelle industrie e nella PA. Le misure a favore delle imprese hanno lo scopo di supportare la Transizione 4.0, favorire la nascita e la crescita di imprese innovative dell’AI e supportarle nella sperimentazione e certificazione dei prodotti di AI. Gli interventi per la Pubblica Amministrazione sono volti alla creazione di infrastrutture dati per sfruttare in sicurezza il potenziale dei big data che genera la PA, alla semplificazione e personalizzazione dell’offerta dei servizi pubblici e all’innovazione delle amministrazioni, tramite il rafforzamento dell’ecosistema GovTech in Italia. Quest’ultima misura, per esempio, prevede l’introduzione di bandi periodici per identificare e supportare le start-up che offrono soluzioni basate sull’AI che possono risolvere problemi critici del settore pubblico.

A questa componente teorica si è aggiunta anche una fase pratica che si è tradotta nell’annuncio della prossima istituzione del primo fondo pubblico italiano interamente destinato all’intelligenza artificiale. Il fondo sarà costituito insieme alla Cassa depositi e prestiti e avrà una dotazione di 200 milioni di euro. Il fondo dovrebbe essere gestito da Cdp Venture Capital Sgr, titolare del Fondo nazionale innovazione, con il supporto di un comitato investimenti e di un advisory board per indirizzo e input sulle operazioni. Il Dipartimento per la trasformazione digitale, quindi la presidenza del Consiglio, dovrebbe contribuire con 45 milioni di euro, l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale con 40 milioni mentre si punta a raccogliere altri 115 milioni da aziende di settore e istituzioni come la stessa Cdp. Questa base, di 200 milioni, dovrebbe essere moltiplicata con un effetto di leva per tre volte in virtù di investimenti privati, raggiungendo il target di 600 milioni. Con questa dote, il fondo interverrebbe per sottoscrivere quote di start-up, di fondi specializzati, acceleratori e incubatori.

Il Governo accentra la governance dell’AI

Lo scorso 26 febbraio, infine, il Governo ha approvato un decreto che stanzia 150 milioni di euro per alimentare fondi di venture capital dedicati a intelligenza artificiale, quantum computing, cybersecurity, 5G, telecomunicazioni. Nel dettaglio Palazzo Chigi ha autorizzato il suo Dipartimento per la trasformazione digitale e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) “a sottoscrivere, in pari misuraquote o azioni di uno o più fondi per il venture capital” istituiti da Cdp venture capital, il Fondo nazionale innovazione controllata da Cassa depositi e prestiti. L’utilizzo di queste risorse è stato poi disciplinato con il disegno di legge di regolamentazione dell’AI in Italia approvato lo scorso 8 aprile. Nel provvedimento si fissano le linee guida generale per l’utilizzo di questa tecnologia fissando limiti rispetto all’autonomia umana, alla prevenzione del danno e alla determinazione dei processi decisionali dell’AI. Si sottolinea anche la necessità di proteggere la democrazia istituzionale e politica, con particolare attenzione alla prevenzione della manipolazione del voto tramite deepfake. In termini di architettura dei sistemi di controllo ii disegno di legge centralizza la governance dell’AI presso Palazzo Chigi. Si prevede che il dipartimento per l’Innovazione pubblicherà una Strategia Nazionale sull’AI, formulata in base alle indicazioni fornite da un comitato di esperti e con obiettivi concreti che verranno poi aggiornati ogni due anni. Il monitoraggio dell’attuazione di questa strategia sarà compito dello stesso dipartimento, mentre la supervisione della materia sarà affidata ad agenzie governative come l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) e l’Agenzia per la Cybersicurezza (ACN).

Da Francia, Germania e Italia una linea comune sulla regolamentazione

Un settore nel quale Italia, Francia e Germania sembrano procedere in modo unitario è quello della regolamentazione della AI a livello europeo. I tre Paesi, infatti, hanno raggiunto una posizione comune che ha facilitato l’approvazione definitiva della proposta di legge, nota come AI Act, presentata dalla Commissione UE oltre due anni fa. Nel dettaglio Italia, Francia e Germania hanno raggiunto un accordo che si esprime nella forma di una autoregolamentazione obbligatoria da attuare attraverso l’adozione di un codice di condotta. Tuttavia, si tratta di una regolamentazione valida solo per le applicazioni dell’AI, non per la tecnologia. Gli sviluppatori dovrebbero definire “model card” che forniscono informazioni sul funzionamento dei modelli, mentre un’autorità europea avrebbe il compito di verificare il rispetto del codice di condotta. l codice prevede 11 punti che le aziende dovranno seguire per garantire sicurezza e trasparenza nello sviluppo dei sistemi AI, inclusi i cosiddetti LLM (Large Language Model). Il codice invita le aziende ad adottare misure adeguate a identificare, valutare e mitigare i rischi durante tutto il ciclo di vita dell’intelligenza artificiale, nonché a trovare soluzioni per eventuali incidenti e uso improprio della tecnologia, dopo il lancio dei sistemi AI sul mercato. Le aziende dovrebbero inoltre pubblicare report su capacità, limitazioni, uso e abuso dei sistemi AI, oltre ad investire in controlli di sicurezza robusti. Inizialmente non sono previste sanzioni, ma verranno applicate successivamente dopo un certo intervallo di tempo. Il Parlamento europeo aveva suggerito di rendere il codice di condotta vincolante solo per i grandi provider di AI mentre i tre paesi hanno invece concordato che dovrà essere applicato a tutti i provider.

Riflessioni finali

Il quadro attuale delinea uno scenario di ritardo per l’Italia le cui conseguenze sono facilmente intuibili. Il rischio maggiore è quello di trovarsi a rimorchio dei principali player internazionali in un segmento chiave del prossimo futuro tecnologico. Se da un lato è vero che la competizione con giganti come Usa e Cina non è possibile in ragione della quantità di risorse che questi hanno a disposizione per sostenere lo sviluppo di un forte e autonomo comparto domestico dell’AI, è tuttavia grave il ritardo con cui l’Italia ha mosso i primi passi per aggiornare la sua strategia in questo settore. Così è stato per il piano nazionale approvato nel 2021 e anche per l’adozione di una struttura di supporto agli investimenti pubblici e privati. Il fondo nazionale annunciato dal Governo come strumento di aggregazione di risorse finanziarie e come strumento di propulsione per la nascita di start up e progetti di settore è rimasto per ora una suggestione. È mancata una regia centrale, come avvenuto nel caso della Francia e anche un forte impegno sul tema delle risorse, come accaduto in Germania. Resta la cornice del piano nazionale approvato dal Governo Draghi ma, dal 2021 ad oggi, non si può dire che contenuti e risorse abbiano alimentato la corsa dell’Italia all’Intelligenza Artificiale.